Sono quasi 260 gli anni di carcere chiesti dall’Antimafia nel processo contro il presunto “clan Fezza-De Vivo” di Pagani. L’inchiesta fece luce sulla federazione tra gruppi camorristici, di Pagani e Poggiomarino, per il controllo dello spaccio di droga, estorsioni, autoriciclaggio, possesso d’armi, intestazioni fittizie ed ulteriori reati scopo tra l’Agro nocerino e il Vesuviano, con il reimpiego dei proventi in attività finanziarie e commerciali in Italia ed in Spagna. La sentenza è prevista per la fine del mese. Le richieste di condanna vanno dai 10 ai 30 anni di reclusione.
L’indagine su 46 soggetti, tra le accuse anche un tentato omicidio
Il clan di Pagani avrebbe avuto quale suo consigliere ‘ o Minorenne, Rosario Giugliano (diventato poi collaboratore di giustizia), con il quale avrebbe stretto un legame per mettere a segno una serie di estorsioni tra le provincie di Napoli e Salerno, decidendo inoltre di imporre una tassa ad ogni capo piazza per spacciare droga. L’indagine contava 46 indagati. Ieri mattina le richieste hanno riguardato 16 imputati, in rito ordinario.
Tra le accuse anche il tentato omicidio, per alcuni, in relazione ad un agguato fallito ad un imprenditore di Angri. Per il pm dell’Antimafia, a Pagani esisteva “un’organizzazione struttura che aveva assoggettato il territorio, tra intimidazioni, atti di violenza, gambizzazioni e incendi”, al punto da spingere le vittime di estorsione a non riuscire a parlare nè a denunciare, per la paura di ritorsioni.
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