Avrebbe dovuto prendere parte a una Spring school sull’empowerment femminile nelle discipline STEM a Nablus, in Palestina, ma non ha mai raggiunto la sua destinazione. Antonella Liccardo, docente e ricercatrice dell’Università Federico II, insieme con la collaboratrice Chiara Boni, è stata bloccata al confine tra Giordania e Cisgiordania – sotto il controllo di Israele – e lì è stata trattenuta per ore. Alla fine, il passaggio oltre il confine le è stato negato, perdendo quindi l’opportunità di presenziare all’appuntamento all’An-Najah di Nablus, co-organizzato proprio dall’Ateneo federiciano. La disavventura delle due, partite il 27 aprile da Napoli, è stata prima raccontata in tempo reale da Liccardo sui suoi social e successivamente riassunta e affidata alle pagine di Repubblica, per la quale ha riassunto e commentato la vicenda con lucidità e chiarezza.
“Nonostante fossimo in possesso del regolare visto ELA-IL“, racconta la docente federiciana, “dopo ore di interrogatorio ci è stato negato l’ingresso con la motivazione che la nostra partecipazione alla Spring school si sarebbe configurata come attività lavorativa”. Una motivazione per lei fumosa, visto che, chiarisce subito, non avrebbero ricevuto alcun compenso per la partecipazione. Inoltre, prosegue, avrebbero dovuto “preventivamente coordinare tutto con l’ufficio israeliano COGAT – passaggio con l’ufficio della Difesa israeliana assolutamente non dovuto, stando alle indicazioni ufficiali della Farnesina che stabilisce l’opportunità di consultare tale organismo solo per soggiorni di lavoro e superiori ai 90 giorni. Abbiamo avuto la netta sensazione che si trattasse di un pretesto per impedirci l’accesso“.
Le considerazioni della docente sull’esperienza
Un’esperienza frustrante e decisamente amara, per la ricercatrice e la sua collaboratrice, che avevano intenzione di seguire in presenza la conferenza – “organizzata dall’Università An-Najah di Nablus insieme con il nostro ateneo, nell’ambito del progetto Sulieia”, precisa Liccardo – anche in segno di solidarietà verso i palestinesi, colleghi universitari e non.
“La nostra esperienza”, conclude la docente al quotidiano Repubblica, “dimostra come il governo israeliano agisca attraverso la mano di giovanissimi soldati e soldatesse prepotenti e arroganti, in modo arbitrario e prevaricatore anche verso delegazioni accademiche straniere. […] Non possiamo che denunciare pubblicamente questa sopraffazione insidiosa e pervasiva, che investe ogni ambito della vita dei palestinesi, ivi inclusa la cooperazione scientifica e accademica, e che è resa possibile dall’impunità internazionale che permette a Israele di sentirsi legittimato a compiere ogni tipo di sopruso e che non risparmia nessuno, neanche chi arriva con intenti pacifici e culturali”.
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