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Frode da 30 milioni scoperta nel napoletano, 3 indagati

maxi sequestro di prodotti contraffatti

Avrebbero dichiarato, attraverso documentazione formalmente prevista dalla normativa, di aver realizzato interventi di efficientamento energetico in edifici situati addirittura in località mai esistite sulla mappa d’Italia. Per questo motivo, una società di capitali e tre persone fisiche sono state raggiunte da un invito a dedurre, con contestuale richiesta di sequestro conservativo, da parte del Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Napoli, su incarico della Procura Regionale della Corte dei conti per la Campania, guidata dal procuratore Antonio Giuseppone.

L’inchiesta, coordinata dal vice procuratore generale Davide Vitale, ha portato alla luce un articolato meccanismo fraudolento messo in atto da una società con sede legale – all’epoca dei fatti – a Poggiomarino, poi dichiarata fallita, e da tre soggetti (formalmente o di fatto alla guida dell’azienda), accusati di aver falsamente attestato la realizzazione di interventi di coibentazione e isolamento termico, incassando indebitamente gli incentivi pubblici previsti sotto forma di “certificati bianchi”.

I certificati bianchi – spiega una nota ufficiale – rappresentano veri e propri titoli dematerializzati e negoziabili, equiparabili a contributi pubblici, il cui valore economico è stabilito annualmente dall’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (Arera). In questo caso, il Gestore dei Servizi Energetici (Gse), società pubblica partecipata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, aveva emesso a favore dell’impresa ben 138.074 certificati, successivamente venduti sul mercato regolamentato del Gestore dei Mercati Energetici (Gme). Gli acquirenti – ignari della frode – hanno così percepito un beneficio illecito, causando un danno erariale stimato in circa 30,4 milioni di euro.

L’intera vicenda è stata anche oggetto di una parallela indagine penale della Procura di Treviso, che ha accertato l’utilizzo di fatture false da parte della società campana per attestare lavori in realtà mai effettuati. Alcuni dei cantieri indicati risultavano localizzati in comuni con nomi di fantasia, e i municipi che sarebbero dovuti essere coinvolti hanno successivamente comunicato alle autorità di non aver mai ricevuto richieste o documentazione per autorizzazioni o certificazioni relative agli interventi dichiarati.

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