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Il cinema di Mimmo Paladino in mostra a Villa Campolieto

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Oggi alle ore 17 sarà inaugurata nella splendida Villa Campolieto ad Ercolano, la mostra Il cinema di Mimmo Paladino. Fotografie di Pasquale Palmieri a cura di Maria Savarese. Il progetto espositivo, che sarà visibile fino al 17 settembre, è coprodotto dalla Fondazione Campania dei Festival, Film Commission Regione Campania, dalla Fondazione Mannajuolo, dall’Associazione Culturale Archivi della Memoria e realizzato grazie alla collaborazione dell’Ente Ville Vesuviane.

L’esposizione al Campania Teatro Festival

La mostra, presentata per la prima volta in anteprima nazionale in occasione dell’edizione 2023 del Campania Teatro Festival, nasce con l’intenzione di fare un punto sul lavoro filmico di Mimmo Paladino, cominciato nel 2006 con Quijote, fino al recente La Divina Cometa. La riflessione e storicizzazione di tale segmento specifico della sua produzione artistica è resa possibile grazie al lavoro di Pasquale Palmieri, fotografo di scena di tutti i suoi film, accanto a Paladino, sin dai tempi dell’università, in un percorso narrativo e di documentazione della sua ricerca.

L’esposizione allestita nelle sale del primo piano della villa vanvitelliana, sede nel tempo di importanti progetti artistici, come la mostra della collezione Terrae Motus, creata nella prima metà degli anni Ottanta dalla lungimiranza del gallerista napoletano Lucio Amelio, dove era presente lo stesso Mimmo Paladino, presenta una selezione di 45 fotografie di scena di grande formato a colori, a cui si affiancano altrettante in bianco/nero di più piccole dimensioni dei vari backstage.

L’archivio fotografico

L’archivio fotografico di Pasquale Palmieri è composto da circa 50mila negativi dall’inizio degli anni Ottanta alla metà del primo decennio del Duemila che documentano il mistero della nascita di un’opera d’arte nello studio di molti artisti, in primo luogo Mimmo Paladino, ma anche di altri autori come Luigi Mainolfi, Perino e Vele, solo per citarne alcuni, esso è costituito anche da100.000 fotografie digitali relative all’ultimo ventennio.

“Per me – spiega il fotografo- uno stage con il più grande fotografo del mondo non sarebbe stato più formativo della frequentazione di un grande artista. Il contatto con la creazione della bellezza mi bastava per definire la mia visione del mondo. Ho conosciuto l’importanza del dubbio, dell’incertezza, dell’imperfezione, del vuoto che precede la creazione, del non finito, delle zone d’ombra dell’arte nel suo farsi. Ma non c’era bisogno di parole: la comunicazione con l’artista avveniva per osmosi. Ho compreso quanto l’opera finita sia distante dal momento in cui si genera, e quanto diventi potente nell’attimo in cui si libera dal suo artefice, raccontando cose a cui neppure l’artista pensava”.

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