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Omicidio Melito, 20enne resta in carcere: “Non chiamatelo killer”

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Il rischio di fuga non sussiste, ma il soggetto è pericoloso e per questo resta in carcere. Sono queste le motivazioni con cui il gip del tribunale di Napoli ha disposto la permanenza a Poggioreale del 20enne reo confesso dell’omicidio del viceispettore della Polizia Ciro Luongo, accoltellato in casa sua la sera dello scorso lunedì a Melito. A confermare la decisione, le parole dell’avvocato del giovane, Alessandra Paolone, che ha sottolineato come il suo assistito sia “provato e consapevole della gravità del gesto e della tragedia consumata”. Dalle parole della legale traspare la fragilità del giovane. “Per favore, non chiamatelo killer”, il suo appello a tutela del 20enne.

Nel corso dell’interrogatorio di garanzia, il giovane avrebbe fatto ammissione di colpa, confermando di essere scattato contro il compagno della madre al culmine di una lite per la fuga di uno dei pappagallini di Luongo, evento che avrebbe fatto esplodere tensioni familiari pre-esistenti. E proprio il contesto in cui è maturata la tragedia sarebbe alla base della difesa del 20enne. L’avvocato Paolone, infatti, avrebbe portato all’attenzione della Procura di Napoli Nord, che coordina le indagini, le presunte conflittualità pregresse tra il giovane e la vittima, insieme a ipotetici episodi di violenza domestica sui quali si continua a indagare. Alla luce di questo e della delicata situazione familiare del 20enne – padre indagato per associazione a delinquere, fratello in carcere per un tentato omicidio, zio vittima di agguato di mafia – la difesa aveva chiesto i domiciliari, mozione negata dal gip del tribunale partenopeo.

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