Non ce l’ha fatta Fakhri Marouane, il detenuto 30enne di origini marocchine, ricoverato a fine maggio dopo essersi dato fuoco nella propria cella nel carcere di Pescara ed essersi procurato ustioni su quasi tutto il corpo. Marouane era tra i reclusi vittime dei pestaggi avvenuti nel carcere di Santa Maria Capua Vetere il 6 aprile 2020.
Le violenze subite
Il 30enne si era costituito parte civile nel maxi-processo in corso all’aula bunker del carcere di Santa Maria Capua Vetere a carico di 105 imputati tra agenti penitenziari, funzionari del Dap (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria) e medici dell’Asl.
Marouane, infatti, avrebbe dovuto testimoniare al dibattimento, anche perché il suo caso era tra quelli ritenuti più gravi dalla Procura. Dai video delle violenze e poi dalle indagini è emerso come il 30enne fosse stato tra i detenuti maggiormente “attenzionati” dagli agenti penitenziari responsabili dei pestaggi. Durante i pestaggi, la vittima fu costretta a muoversi sulle ginocchia a piccoli passettini per raggiungere il suo posto nell’area socialità del carcere. Una volta rimasto solo dopo che gli altri detenuti erano stati portati via, fu colpito con il manganello in testa, quindi fatto alzare e inginocchiare nuovamente ad altezza di un agente, e alla fine riportato in cella tra i poliziotti che continuavano a pestarlo.
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