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Polemica a Napoli: uso scorretto della parola “Bambin* a scuola

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A sollevare la polemica è stata la famiglia di uno degli alunni della scuola elementare e media nella zona dei Colli Aminei. La richiesta di denuncia è stata accolta dall’avvocato Angelo Pisani, presidente dell’associazione NoiConsumatori.

Indignato e risentito per sostituzione della parola “bambini” in “bambin*”, con asterisco finale, in una comunicazione scolastica istituzionale dell’Istituto Comprensivo A.S. Novaro-Cavour di Napoli.

Si espone in prima linea l’avvocato Pisani sostenendo: “È stato superato ogni limite, la scuola non può trasformarsi in un laboratorio ideologico senza il consenso delle famiglie. Questa ossessione per il gender non può stravolgere la lingua italiana nè tantomeno creare confusione nei bambini. È inaccettabile che la politica e le ideologie entrino così prepotentemente nell’educazione scolastica”.

Pisani dopo aver riferito a LaPresse il suo sdegno sulla vicenda, ha inviato un esposto formale al Ministero dell’Istruzione, chiedendo l’intervento del Ministro Giuseppe Valditara e di tutte le autorità competenti.
chiedendo un’ispezione per verificare chi abbia autorizzato l’uso dell’asterisco e se si tratti di un caso isolato o di una pratica più diffusa. Richiesta ancora più urgente, avanzata dallo stesso Pisani, sembrerebbe essere quella di adottare un provvedimento ufficiale che regolamenti l’uso del linguaggio nei documenti scolastici.

Sostegno anche tra i genitori dei bambini

Molti sono i genitori preoccupati e polemici per l’introduzione di modifiche linguistiche non autorizzate e potenzialmente dannose per l’apprendimento dei loro figli, testimonianza diretta di un padre: “Mio figlio sta studiando la grammatica e a scuola gli insegnano un linguaggio che non esiste. Questo non è progresso, è confusione”.

L’Istituito Comprensivo dei Colli Aminei, ha dichiarato subito dopo la denuncia, che il modulo sarà modificato, in quanto si è trattato semplicemente di un “errore di battitura”.

Divisa è l’Opinione Pubblica

A rispondere alle accuse nei riguardi della scuola è Luca Trapanese, assessore alle politiche sociali del Comune di Napoli. Egli sostiene l’altra faccia della medaglia. Genitore gay, single e adottivo di una bambina down, esprime: “non c’è stata un’insurrezione collettiva, né proteste di massa. Anzi, ora i genitori si sono mobilitati in massa a sostegno della scuola. È stato un solo genitore a sollevare il caso. Eppure, ancora una volta, vediamo come un’intera comunità scolastica venga trascinata in un dibattito surreale solo perché qualcuno non accetta il cambiamento.

La questione oggi è molto controversa, poiché essendo esplosa già a livello locale, rischierebbe di diventare un caso di carattere nazionale. Il dibattito sull’uso del linguaggio inclusivo nelle scuole pubbliche suscita opinioni contrastanti: alcuni lo considerano un passo avanti verso il progresso, mentre altri lo percepiscono come un’imposizione ideologica che distorce la grammatica e la cultura tradizionale.

Paura del progresso V.S Coraggio verso il progresso

Secondo Trapanese “il problema non è linguistico, ma ideologico – continua dicendo – La verità è che l’asterisco non crea confusione, ma rende visibili tutte e tutti. Come padre di una bambina con la sindrome di Down, come uomo gay e come assessore alle Politiche sociali, so bene cosa significhi lottare ogni giorno per un mondo che riconosca e rispetti tutte le differenze. So cosa vuol dire sperare che mia figlia cresca in una società che non la faccia sentire esclusa o invisibile. Ecco perché non posso restare in silenzio davanti a chi si scandalizza per un asterisco, anche se messo per sbaglio, come è stato dichiarato, ma non per le vere discriminazioni, per le vere esclusioni, per le ingiustizie che ogni giorno colpiscono le persone più fragili.

Di diversa opinione rimane invece Pisani, il quale comunica che da Napoli partirà una campagna su scala nazionale per difendere i diritti delle famiglie e dei bambini, con l’obiettivo di fare in modo che “la scuola resti un luogo di crescita e non un campo di esperimenti sociali imposti dall’alto”.

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