Dopo mesi di relativa calma in Cina tornano i grossi focolai di coronavirus e così per arginare e diagnosticare il Covid-19 con maggiore efficacia si sta passando all’uso del tampone rettale. Secondo il medico dello Youan Hospital di Pechino, Li Tongzeng, il ricorso a questo tipo di test “può aumentare il tasso di rilevamento delle persone contagiate” poiché le tracce del virus rimangono più a lungo nel canale rettale rispetto al tratto respiratorio.
Previsto un uso limitato
La metodologia è già stata applicata per la diagnosi a numerosi residenti di Pechino dove si sono verificati nuovi contagi concentrati in zone specifiche della città. Le autorità sanitarie non avrebbero comunque intenzione di fare un uso esteso del tampone anale, come avviene per gli altri tipi di tamponi, perché giudicato “sconveniente” e poco rapido da effettuare. Sui social cinesi dopo la notizia dei primi tamponi anali è scoppiata la protesta, anche se nel paese asiatico, se la pratica dovesse essere adottata necessariamente ai fini della prevenzione del contagio, non sarebbe semplice opporsi.
Quarantena in strutture blindate
Anche se la notizia dei tamponi anali non ha mancato di suscitare proteste e una certa ilarità tra la popolazione, la situazione in Cina torna ad essere preoccupante e si stanno adottando nuove misure per prevenire contagi d’importazione. Chi entra nel Paese dall’estero deve fornire prova di test negativi al coronavirus e a Pechino, oltre a 14 giorni di quarantena in alberghi e apposite strutture d’isolamento, occorrono ulteriori 14 giorni di osservazione domiciliare.